La storia dietro all'esultanza: come e quando è nata la posizione del loto di Haaland

By Matteo Baldini

Può esistere un gesto iconico senza che, per ambire ad esserlo, debbano passare i decenni e si debbano perciò raccogliere polvere o ruggine? Può, cioè, il richiamo del presente e persino del futuro dare senso pieno a un'esultanza anche se, come in questo caso, non diventa frutto della ripetizione e di un ricordo ormai sedimentato, perciò romantico?

La risposta affermativa al quesito, sicuramente retorico, ha nome e volto di Erling Braut Haaland, ha le fattezze di un campione che spontaneamente leghiamo al calcio del futuro - non per un discorso soltanto anagrafico - e che non collochiamo dunque nell'alveo consolante della nostalgia, nel rifugio delle memorie passate.

In visita dal futuro

Si ricerca spesso, come a voler trovare un filo conduttore di umanità, la componente fragile o persino biasimevole nel campione: tutti a caccia di un tratto o di un vizio che, addirittura, possa far sentire lui meno alieno e noi meno mortali, come appiglio confortante (spesso anche illusorio). Del resto non mancano occasioni in cui si indugia sul lato morale delle biografie dei campioni, basti pensare alla percezione di Best o di Maradona, affiancando al ricordo dei dribbling e delle giocate anche un affascinante "lato oscuro", deprecabile agli occhi di alcuni ma d'altro canto intrigante per costruire l'icona.