Uno Jo-Jo che ritorna: la Fiorentina e Jovetic si ritrovano (e si somigliano)

By Matteo Baldini

Il soprannome che ci portiamo dietro ha spesso un senso relativo, come mero gioco di parole che vale per quel che vale, ma sa talvolta scoprire nel tempo anche un valore diverso e più ricco. Questo è uno di quei casi. Stevan Jovetic, al secolo Jo-Jo, appunto: un soprannome dalle radici ormai lontane e connesso semplicemente al cognome, senza dunque riferimenti particolari ad altre qualità del montenegrino, un nomignolo che però - oggi - trova il verso di scoprire un valore aggiunto. Jo-Jo come Yo-Yo, come quel gioco che vede un disco legato ad un filo, disco lasciato cadere che poi - appunto - ritorna.

Una storia a parte

Non si tratta stavolta di un accostamento di mercato, intreccio che in passato è tornato più volte a bussare senza però concretizzarsi, ma del gioco del destino che vedrà Jovetic e la Fiorentina incrociarsi sul campo, proprio stasera ad Atene, in un'occasione speciale (se non storica a tutti gli effetti) come la finale di Conference League. Storica da entrambi i punti di vista, pensandola dalla parte viola ma immedesimandosi anche in un club - l'Olympiacos \- che si troverà a giocarsi proprio ad Atene, anche se non nel Pireo, la prima finale europea di una storia quasi centennale (il club è stato fondato infatti nel 1925).

Viola in finale | Fantasista/GettyImages

Da un lato unciclo triennale pronto a chiudersi e una rivincita desiderata ardentemente, dall'altro l'occasione di regalare un trofeo europeo (il primo) a al club più titolato di Grecia. In mezzo a due macro-storie come queste, però, si trova appunto quella di un ritorno, o di una forma di ritorno, comunque di un intreccio. Lo scenario è quello tipico dell'incrocio per cui non ti eri preparato, con la suggestione aggiuntiva degli anni trascorsi: la fatica di riconoscersi a una prima occhiata, il superamento di quel primo imbarazzo e poi, va da sé, l'onda dei ricordi. Reazione reciproca questa, in due direzioni, che va a toccare corde significative sia dalla prospettiva viola che da quella del montenegrino, oggi 34enne, ex gioiello cullato e coccolato proprio dalla Firenze calcistica.

Jovetic con l'Olympiacos | Anadolu/GettyImages

"Sembra passata una vita" suona come un cliché, è altrettanto vero però che nei cliché si trovano pezzi di verità anche ingombranti: nel calcio, poi, 11 anni (il tempo trascorso dall'addio alla Fiorentina) rappresentano davvero una vita, senza alcun proposito iperbolico. Un incontro fortuito dopo tanti anni, più simile a quello tra due fratelli che si ritrovano che non al romantico rendez-vous con una vecchia fiamma: fratelli poiché simili, anche se poi il corso delle cose ha condotto altrove, ha tracciato un solco di differenze, una vera distanza (geografica e sportiva senz'altro, se non emotiva).

Riscoprirsi simili

Perché la Fiorentina e Jovetic si scoprono, ancora oggi, come simili? Succede riflettendo sull'idea di progetto, sui propositi di grandezza che nascono, crescono e conoscono poi un declino o rimangono solo parzialmente espressi. In quell'onda di ricordi, quella dopo l'imbarazzo, c'è dunque la riscoperta di quell'iniziale entusiasmo e - appena dopo - si presenta la concreta dimostrazione dello stacco tra auspicio e realtà, unendo il sorriso alla nota malinconica. Si tratta di ripensare a cosa si immaginava potesse diventare Jovetic, a cavallo tra il 2008 e il 2013, e al contempo di fotografare quelle ambizioni viola passate dalla Champions League come cornice, con Prandelli alla guida, virate poi verso il timore di "vivacchiare" e - gradualmente - verso una normalizzazione, un appiattimento (nel periodo a cavallo tra l'ultima fase dell'era Della Valle e la prima dell'era Commisso).

Jovetic in viola | Etsuo Hara/GettyImages

Un destino comune, per certi versi, che ha visto Jovetic perdersi tra mille esperienze, senza mai affermarsi come realtà solida e duratura del calcio europeo, e che ha visto i viola compiere un processo talvolta affine a quello del fantasista. Posti di fronte all'immagine di un giovane montenegrino dalla chioma ribelle, capace di sorprendere già dalla prima amichevole contro il Barcellona nell'estate del 2008, si fatica a pensare che sia lo stesso calciatore che - adesso - veste i panni del comprimario nella Super League greca, dopo aver assaporato (appena assaggiato) scenari diversi, orizzonti più alti. Proprio come due fratelli, o come due vecchi amici, capita dunque di ritrovarsi casualmente per strada, di scoprire quante cose oggi ci allontanino ma di realizzare - ancor di più - quanti aspetti ci abbiano profondamente avvicinati.