L'addio di Stefano Pioli: cosa ha trovato e cosa lascia al Milan

By Francesco Castorani

Arrivo in una situazione difficile, sistemo, vinco e vado via. È un'estrema e forse inefficace sintesi di quanto accaduto al Milan e a Stefano Pioli nell'ultimo lustro. Cinque anni di lavoro terminati così, con l'abbraccio dei suoi calciatori, con il caloroso saluto sulle note di "Pioli is on fire" a San Siro. Celebrato davanti al suo pubblico in una serata che un altro 3-3 clamoroso aveva reso di un sapore particolarmente amaro.

Poi il sereno, o almeno l'impressione della pace, arrivata al triplice fischio e l'inizio di quella che è giusto definire una cerimonia d'addio. Per Simon Kjaer, per Olivier Giroud e per Stefano Pioli. Una celebrazione particolare per ognuno di loro, in diversa misura protagonisti di un ciclo che ha riportato il Milan sul tetto d'Italia, che ha riscaldato le notti europee e ha riproposto speranza per un futuro che dal penultimo Scudetto (2011) era diventato grigio.

Cosa ha trovato?

Sono 240 le panchine totali nella sua esperienza rossonera; 132 le vittorie, 56 i pareggi e 52 le sconfitte, per chi è affezionato ai bilanci attraverso le statistiche principali. Statistiche che lo rendono uno dei più presenti nella storia del Milan, uno dei meno sconfitti negli ultimi anni tra i principali campionati europei, e che vanno quindi portate come prova a sostegno di un percorso intenso di crescita esponenziale.

"... Ai miei giocatori, sapete cosa penso di voi, siete speciali e certe cose rimarranno. E poi ci siete tutti voi. Siete stati tantissimi, ci avete spronato, ci avete stimolato, ci avete dato un'energia che noi abbiamo cerctao di mettere sul campo... Abbiamo perso, abbiamo sofferto insieme, abbiamo vinto e abbiamo gioito insieme. Le emozioni che abbiamo vissuto ci rimarranno dentro. Avete messo il fuoco nel mio cuore e rimarrà sempre acceso e non vi dimenticherò. Grazie".

Rimarranno certe cose nei suoi calciatori, rimarranno dentro certe emozioni e rimarrà sempre acceso quel fuoco nel tecnico che ha tatuato sulla sua pelle il 19° Scudetto della storia del Milan.

Rimarranno, allontanandoci ma allo stesso tempo restando legati alle parole di Pioli, dei calciatori maturi, che hanno lavorato duramente per ottenere quel protagonismo negato altrove (Theo Hernandez, Tomori); rimarranno talenti eccezionali e unici come Rafael Leao, ma anche campioni esperti come Pulisic o Maignan. Rimarrà la sensazione che il Milan abbia definitivamente tagliato quel filo che la costringeva alla mediocrità del passato; che sia tornato grande attraverso il lavoro sul campo e che ora non sia più disposto a tornare indietro (almeno per quanto concerne il livello).

Se nelle ultime giornate sono arrivate sollevazioni collettive riguardo a Julen Lopetegui, o disapprovazione sul nome di Paulo Fonseca, a generarle è stata anche l'eredità che lascia Stefano Pioli. A Milano è arrivato da normal one, ha attraversato fasi delicate, è cresciuto e ha fatto crescere la sua società; da Milano se ne va con il tributo che San Siro ha riservato soltanto a pochi nella sua storia.


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