Gen AI: l’effetto sui CIO italiani dei nuovi annunci di Google e OpenAI

I nuovi avanzamenti dell’intelligenza artificiale generativa non hanno deluso gli entusiasti della tecnologia: da ChatGPT 4o a Gemini di Google, il salto in avanti nella multimodalità – la capacità di capire ogni forma di contenuto – e nella capacità di dialogare è sorprendente.

“Trascrizione, text-to-speech e intelligenza sono native e ora GGT 4o può ragionare in modo fluido su testo, voce e visione”, ha affermato la CTO di OpenAI, Mira Murati. “Questo permette di portare l’intelligenza di quarto livello a tutta la base di utenti”. ChatGPT 4o è, infatti, disponibile gratuitamente (pur se con dei limiti rispetto alla versione premium), “perché la mission di Open AI è di rendere l’IA aperta a tutti, affinché tutti possano goderne i benefici”, ha dichiarato la manager.

Google non è stata da meno. Il Chief Executive Officer, Sundar Pichai, ha presentato Gemini 1.5 Pro come il più grande Large Language Model oggi esistente, in quanto si basa su una context window in grado di elaborare 1,5 milioni di token (i “pezzi“ dell’informazione che padroneggia tra la ricezione dell’input e la produzione dell’output), e ha annunciato l’arrivo della versione 2.0 Pro, in cui la “finestra di contesto” si allarga a 2 milioni i token. Anche Gemini ha la caratteristica della multimodalità, ma Pichai ha voluto sottolineare la capacità di individuare relazioni tra i contenuti.

“Capisce ogni tipo di domanda e trova connessioni tra gli input immessi. Migliorerà per tutti il modo di lavorare”, ha dichiarato il numero uno di Google.

Traduzione, dialogo, ricerca, produzione di riassunti, loghi creativi, sviluppo software, riconoscimento di dettagli in una sequenza video e molto altro ancora: non ci sono (quasi) limiti a quello che l’IA generativa può fare. Ma che cosa ne pensano i CIO italiani?

Gen AI, i CIO tengono i piedi per terra

“Chi si occupa professionalmente di tecnologie legate al mondo dell’automazione e dei dati sa perfettamente che in questa tappa evolutiva della tecnologia che va sotto il nome di IA generativa non c’è nulla di miracolistico, ma semplicemente la coincidenza temporale di tre driver ben noti da anni: l’aumento delle capacità elaborative (vedi la Legge di Moore), i big data, e i grandi investimenti finanziari”, sottolinea Vincenzo Pensa, Direttore Sistemi informativi e innovazione di Aci, la Federazione nazionale che associa gli Automobile Club provinciali e locali italiani. “La presenza di questi tre fattori ha prodotto lo spillover tecnologico a cui stiamo assistendo, anche se le tecniche di base e i modelli affondano le radici in un lontano passato. Personalmente, prima di entusiasmarmi per una tecnologia (ripeto: non nuova), sono abituato a ponderare diversi elementi: accessibilità, economicità, ambito di applicabilità, potenziali sviluppi, integrabilità”.

Per Luca Greco, CIO di Salov (multinazionale del settore degli olii extravergini di oliva, proprietaria dei marchi Sagra e Filippo Berio): “Oggi c’è un bombardamento mediatico da parte delle aziende tecnologiche: con l’utilizzo dei prodotti di Generative AI, vengono promessi aumento dei profitti, riduzione dei costi e altri vantaggi ancora, ma come professionisti del settore dobbiamo capire quali sono i casi d’uso reali e di valore per le nostre aziende”.

Il ruolo del CIO, secondo Greco, è cruciale per determinare se un prodotto di intelligenza artificiale possa realmente apportare vantaggi alle divisioni di business.

La nuova evoluzione della Gen AI

Le prospettive della tecnologia, però, sono reali: Chat GPT 4o e Gemini sono un salto in avanti nella multimodalità (o omnicanalità, come indica quella “o” dopo il “4” di ChatGPT).

Gemini 2.0 Pro di Google è già disponibile agli sviluppatori e in preview per gli utenti premium, mentre per i consumatori c’è Gemini Advanced (1 milione di token nella context window), con cui Google intende potenziare fortemente le sue applicazioni di punta, ovvero la ricerca sul web e Workspace. Pichai e il suo team hanno presentato [in inglese] alcuni esempi concreti, come la ricerca tra le Gmail o tra le Foto, dove si potrà chiedere di individuare un dettaglio (come la targa della macchina da inserire nelle colonnine per pagare il parcheggio) o di creare una storia (come i progressi in un’attività sportiva). I manager di Google hanno anche sottolineato le funzionalità per il lavoro, come la registrazione dei meeting e la creazione di highlights su Meet. Tutte queste novità saranno portate (in estate negli Usa, a seguire negli altri Paesi) anche sui dispositivi Android, unificando l’esperienza da fisso e da mobile – ovviamente, con alcune funzionalità gratuite e altre a pagamento.

Anche Murati di OpenAI ha evidenziato [in inglese] le applicazioni di ChatGPT per la produttività, citando l’integrazione facilitata col workflow e la rinnovata interfaccia utente per un’interazione più naturale, che permette di concentrarsi sulla collaborazione. Nella dimostrazione fornita dal team di Murati, due ingegneri di OpenAI hanno interagito tramite la voce con ChatGPT, chiedendo di risolvere equazioni, riconoscere linee di codice, tradurre simultaneamente, leggere immagini e anche ricordare la posizione degli oggetti in una stanza. L’interazione diventa un dialogo: possiamo interrompere l’input e l’output, correggere il prompt, aggiungere un’altra richiesta, allegare file. Non c’è latenza percettibile nella risposta, e il modello coglie anche le sfumature emotive della voce. L’analisi dei dati è ulteriormente affinata, il che permette di ricercare tra le interazioni passate con il chatbot. ChatGPT 4o è gratuito, ma la versione a pagamento offre una capacità fino a cinque volte maggiore. Le stesse novità si ritrovano nelle API: Mirati ha parlato di uno “sviluppo due volte più veloce, il 50% più economico e con rate limit cinque volte più alti rispetto a GPT4 Turbo”.

“Siamo in presenza di qualcosa che risponde pienamente a diverse aspettative, anche quelle più esigenti”, è il commento di Pensa. “Le potenzialità sono enormi e la riprova sta nel fatto che ogni settore, dall’economia alla produzione, dall’intrattenimento alla ricerca, dalla sicurezza alla difesa, stanno integrando rapidamente l’IA, laddove non già presente, nei diversi piani di attività”.

Pensa ha sperimentato sia i prodotti di Google e OpenAI che quelli concorrenti, come Claude 3 di Anthropic [in inglese] e altri più specializzati e verticali, ma chiarisce: “Al momento in Aci stiamo utilizzando prevalentemente ChatGPT, che sembra essere ancora oggi, soprattutto dopo la presentazione e il lancio della versione 4o, il leader di mercato e il modello più maturo. Oltre a questa valutazione, peraltro confermata dai benchmark di mercato, la dimestichezza d’uso rappresenta certamente un fattore di fidelizzazione che ha il suo peso: tutti stiamo acquisendo familiarità con ChatGPT”.

Aci al momento utilizza l’IA in applicazioni, già operative, di contatto con gli utenti per servizi di assistenza, e in progetti per migliorare il lavoro delle strutture aziendali, rivolti ai processi di servizio interni.

La sfida per il CIO: collegare l’IA al business

Se, infatti, la GenAI ha capacità eccezionali, i CIO rimangono fedeli all’obiettivo della concretezza, cercando l’applicazione strategica la specifica attività o strategia d’impresa.

“ChatGPT 4o – ovvero omni – è sensazionale per la velocità di risposta, e sensazionali sono le sue funzionalità. Può interagire in modo naturale, utilizzare input diversi come testo, immagini, video, e codice”, dichiara Greco. “Ma non bisogna perdere di vista il punto: a che cosa serve nella mia azienda?”

Per questo motivo, secondo Greco, il CIO deve studiare la tecnologia, capire il business e le applicazioni vantaggiose e, una volta selezionato un uso promettente, prevedere un percorso in quattro fasi: Discovery (in cui si individua quali dati si hanno a disposizione), PoC (Proof of Concept), MVP (Minimum Viable Product, ovvero il prodotto funzionante applicato su un ambito ristretto) e Produzione (la strategia di implementazione e divulgazione su larga scala). Inoltre, in tutto questo percorso va prevista la formazione del personale.

“Conoscenza della normativa, competenze sui dati, capacità di usare le piattaforme business e una pervasiva mentalità digitale sono fondamentali per portare l’intelligenza artificiale in azienda”, spiega Fabrizio Rotondi, Country Manager per l’Italia di Workday, fornitore di soluzioni aziendali per la gestione delle persone e dei processi finanziari. “Si tratta di elementi cruciali se pensiamo, in particolare, alle PMI. In queste imprese spesso mancano i dati e le competenze correlate e, per introdurre e usare al meglio l’IA, occorre appoggiarsi a database collettivi o a partner tecnologici”.

C’è un altro aspetto sottolineato da Rotondi: con l’IA in azienda, il CIO ha bisogno più che mai di essere strettamente collegato con le altre funzioni aziendali, dall’HR al Finance.

“L’IA, come già i big data e il cloud, hanno determinato un profondo cambiamento nel ruolo dell’IT: la direzione tecnologica deve diventare un partner delle divisioni di business per poter attuare l’innovazione”, osserva il manager.

La necessità di una governance

Tuttavia, se i big americani pubblicizzano l’IA e la Gen AI come strumenti che facilitano il lavoro in azienda, per i CIO introdurre queste tecnologie non è un compito semplice, perché un conto è usare i prodotti di intelligenza artificiale per scopi personali e un altro conto è impiegarli in azienda: qui occorre un approccio più maturo, consapevole, centralizzato e governato.

“Nei modelli di machine learning su cui si basa l’IA generativa, il rischio è quello di una sorta di ‘grande divorzio’ tra espressione linguistica e comunicazione di senso”, dichiara Greco. “E non è una minaccia da poco. Questi modelli utilizzano grandi database trovati su Internet e generano risposte con metodi probabilistici e stocastici, ma non comprendono realmente il contenuto. Ciò può portare ad espressioni fuori contesto, oltre che a violazioni del copyright, discriminazioni e inesattezze”.

Di conseguenza, il CIO ha il compito cruciale di contribuire alla creazione della consapevolezza dell’importanza di una governance specifica, che definisca i limiti d’uso dei prodotti di Gen AI e IA.

“La governance fornisce una guida affinché tutti in azienda sappiano che l’IA si usa per scopi definiti dal management o dal Consiglio di Amministrazione”, sottolinea Greco. “Questi usi devono portare benefici all’azienda e alle persone, preservando la dignità di ciascuno. Anche quando l’azienda cresce e la tecnologia evolve, la governance permette di definire, gestire e monitorare gli usi in modo controllato e regolato. È all’interno di queste regole che si trova la libertà dell’uomo nell’utilizzo consapevole della tecnologia: questa è la mia visione”.

Gen AI, il CIO al centro della trasformazione digitale

Spetta ancora una volta al Chief Information Officer intervenire, mettendosi al timone della rivoluzione dell’IA e della GenAI per riportare l’attenzione sulle applicazioni utili per il business, arginare i rischi etici e guidare l’accettazione da parte degli utenti interni.

Greco sottolinea come sia essenziale spiegare ai dipendenti che cosa è l’IA e come l’IA generativa può aiutare nel lavoro di tutti i giorni. È cruciale anche comprendere le aspettative delle persone e mantenere la centralità dell’essere umano, sviluppando applicazioni di intelligenza artificiale con l’approccio “human in the loop”, ovvero “di interazione continua tra uomo e macchina per arrivare, supportati dal navigatore tecnologico, dove desideriamo”, spiega il CIO di Salov.

“Il Chief Information Officer è al centro della rivoluzione dell’IA, perché deve diffondere la conoscenza tecnologica e agire da advisor nella regolamentazione e nella governance interna di questa tecnologia”, sottolinea Jens Löhmar, CTO, Continental & DACH, di Workday, che è stato in Italia in occasione della tappa nazionale dell’evento Workday Elevate. “Il CIO ha il compito di aiutare l’azienda a comprendere le implicazioni etiche dell’IA che si integra nel lavoro e nelle attività aziendali”.

Pensa concorda sui rischi etici. “Le opportunità sono enormi e presto ne sperimenteremo l’impatto anche nella vita quotidiana di ciascuno. Scritto, immagini, video, audio: nella Gen AI tutto entra in un flusso indifferenziato e continuo di comunicazione basata sulla componente naturale”, afferma il manager di Aci. “Di qui, tuttavia, discende per me il rischio più grande: rapportarsi con l’IA scambiandola per un umano. Le interfacce, purtroppo, puntano a questo, ma ciò comporta un abbassamento delle difese, un minor esercizio dello spirito critico, che, invece, di fronte ai prodotti di IA e Gen AI dovrebbe essere massimo”.

C’è poi il ruolo “core” del CIO, legato alla sua competenza tecnica, che è ugualmente cruciale, evidenzia Löhmar: guidare l’analisi dei dati e le attività ingegneristiche dell’azienda e, in definitiva, collegare i progetti sull’intelligenza artificiale alla digital transformation. Non si può, infatti, pensare di lasciarsi conquistare dalle promesse di ChatGPT e prodotti simili senza aver raggiunto una digital maturity e una data maturity. Dice il CTO di Workday: “Portare l’IA e la Gen AI nei prodotti aziendali vuol dire continuare a investire nella trasformazione digitale, perché alla base dei progetti di intelligenza artificiale ci sono sempre i dati. Anzi, i dati di qualità”.

Non a caso Greco considera l’IA come “un assistente di viaggio” nella trasformazione digitale, capace di facilitare il cambiamento in tutte le divisioni aziendali.

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